Sede dell’Asilo Manodori, che molti reggiani ricordano ancora con affetto e nostalgia, Palazzo da Mosto ha ospitato famiglie nobili e, nel Novecento, è diventato un ospedale e un luogo di rifugio durante la guerra.
Francesco da Mosto, di origine ferrarese, ha soggiornato a Reggio Emilia con la carica di Massaro ducale a partire dal 1472 dove risiedeva in una casa, che un atto di compravendita indica “in vicinia Sancti Thome”, cioè nella zona dell’odierno palazzo. L’anno seguente Francesco da Mosto otteneva la concessione da parte della Comunità di impiantare per un biennio una piccola fornace per laterizi fuori le mura della città e poiché qualche anno dopo, nel 1502, la sua abitazione è definita nei documenti non più come semplice “domus” (casa) ma come “palatium” (palazzo), si può agevolmente collegare la fabbricazione dei laterizi all’ampliamento della primitiva dimora. Alla morte di Francesco da Mosto il palazzo passò ad altri proprietari, fra i quali i marchesi Pallavicino, parmensi, a metà Cinquecento la famiglia Cassoli di Reggio e agli inizi del Settecento al conte Ferrarini.
Pietro Manodori nel 1857 rilevò il palazzo dai conti Greppi di Milano a proprie spese, per aprirvi l’asilo infantile nel 1860, in attesa di perfezionare il passaggio di proprietà al Monte di Pietà, di cui era presidente.
L’asilo di via Mari
Una storica istituzione voluta da Pietro Manodori.
Gratuito e aperto a tutti, dava sostegno alle classi sociali più deboli
La storia dell’Asilo Manodori s’intreccia costantemente con quella della città per lo stretto dialogo e l’interazione costante tra la gente, le istituzioni e la struttura educativa.
Il conte Pietro Manodori nel 1860 propose alla cittadinanza di Reggio Emilia l’istituzione di un Asilo per l’Infanzia gratuito ed aperto a tutti.
Nell’Italia risorgimentale, l’iniziativa rappresentò per Reggio un atto coraggioso e lungimirante. L’Asilo d’Infanzia Pietro Manodori, per un ampia fascia sociale, divenne una conquista e il riscatto da una situazione d’indigenza e di precarietà.
Ebbe sede a Palazzo De Mosto, in via Mari, acquistato nel 1860 dal Sacro Monte di Pietà presieduto da Manodori. L’Asilo d’Infanzia ha chiuso definitivamente nel 1991.L’obiettivo principale dell’asilo era l’istruzione popolare estesa a tutti, senza costi di frequenza, per permettere anche ai bambini poveri un adeguato sviluppo fisico e l’introduzione all’istruzione. Inizialmente ospitava solo i maschi, poi accolse anche le femmine.
Il senso innovativo di questa struttura consisteva nel suo fondamento di realtà educativa ed economica non strettamente caritatevole, ma impostata su principi organizzativi laici che ne permettevano una gestione sociale non direttamente legata a poteri costituiti di tipo politico o religioso.
Pietro Manodori portò da Milano le idee pedagogiche e organizzative di Ferrante Aporti, uno dei pensatori più illuminati della cultura per l’educazione infantile in Italia.
Aporti introdusse l’idea dell’educazione prolungata in diversi ordini di scuole (nido, asilo e scuole secondarie) e fu particolarmente attento all’educazione dei bambini poveri.
L’Asilo Manodori continuò ad essere per tutto il Novecento laboratorio di importanti innovazioni pedagogiche ed ebbe la capacità di evolversi culturalmente e di rispondere ai cambiamenti e alle aspettative dei bambini, dei genitori, dell’ambiente sociale.